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John and Jack – A proposito del mio nuovo singolo / About my new song


15 Jan

Italian (English at bottom)
Con questo breve post, come altri, che stanno diventando una consuetudine, vi presento il mio ultimo lavoro.

A differenza dei precedenti, questo rispolvere le mie radici più rock, con riffs in overdrive ma affiancando una nasale chitarra resofonca.

Per la prima volta mi occupo anche di suonare un intero set di batteria, piuttosto che di altri strumenti percussivi o delegare ad altri l’uso di questo strumento.

*

Il testo parla di un amicizia di provincia, di due ragazzi molto diversi tra loro, dove però l’affetto o l’abitudine, la condivisione di una vita, smussano queste differenze. John è un ragazzo timido, composto e rispettoso. Jack è invece sprezzante, inopportuno e sfacciato.

Oltre a rappresentare valori come amicizia e condivisione di esperienze, o della gioventù, un altro livello di lettura può essere che entrambi i personaggi che vivono dentro di noi, confinati nella provincia della nostra mente. Rappresentando quello che vorremmo fare ma non facciamo, per via di costrutti sociali e morali, o semplice rispetto altrui. Come se fossimo tutti dei John con un Jack dentro, e le nostre azioni sono determinate da quanto diamo ascolto a quest’ultimo.

Vi auguro un buon ascolto.

Seguno alcuni dei media stream dove è possibile ascoltarlo.

YouTube (video) – non richiede iscrizione ma è il meno adatto per ascoltare musica
YouTube Music
Spotify
Apple Music
Amazon Music
Napster
Deezer

English (Italian at top)

In this short post, as the other ones that are becoming a usual attitude, I introduce my last song.

In this one, my rock roots come back, using “overdrived” riffs but beside to a resonator guitar.

For the first time, I also played a full drum kit, rather than play different percussion or delegate this to someone other.

The lyrics are about a country-dweller friendship. Two really different guys, are friends because of affection or routine, or the share of their life, despite the differences. John is a shy and respectful guy. Jack is scornful, inappropriate and insolent.

Beside to values as friendship, and sharing of experiences of youth, the song can also be explained as both the characters living in our country-dweller mind. They represent what we would like to do, but we don’t because of our social role or ethic. It is as we are all a John with a Jack inside, and our actions depends on how much we listen to this one.

Enjoy listening!

Follows the link to some of the streaming services.

YouTube (video) – Subscription not required, but, not the best for music listening
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Dee-daa-doo-daa – Vi racconto qualcosa sul mio ultmo singolo


17 Oct

Quando la musica era esclusivamente venduta su supporto fisico (cd, vinile, cassetta…), vi era la copertina e il booklet che dicevano qualcosa in più sul’album/singolo. Scrivo qui un paio di righe a sopperire questa mancanza, della quale, pur con tutti i suoi pro, la digitalizzazione della musica ci ha un po’ privato.

Dee-daa-doo-daa

La Copertina

La cover di questo singolo, illustra la mia ombra che richiama un samurai errante. Questo vuole rappresentare la caprbietà nella ricerca di qualcosa. Ma ne parleremo più in dettaglio del significato del brano.

Composizione ed Esecuzione

Il brano è stato interamente composto e arrangiato da me. E’ mia anche l’esecuzione delle parti di: chitarra acustica, chitarra elettrica (ritmica e solista), basso, voce principale e cori. Per la batteria mi sono avvalso della collaborazione di Rick Van de Voort. Al missaggio e al mastering invece, troviamo Alessandro Scarlata, che ringrazio nuovamente.

Il Brano

Musicalmente, si può definire uno swing-shuffle-rock, genere che ho inventato nel momento in cui scrivo 🙂

Il testo ha diversi livelli di lettura. Uno più superficiale e scanzonato, può vedere il protagonista come qualcuno che gira il mondo in cerca di risposte esistenziali, ma anche i massimi esperti delle discipline gli rispongono una sorta di “chupa!” (il Dee-daa-doo-daa per essere chiari).

Una lettura più approfondita invece, affronta una delle questioni del nostro tempo, al quale la tecnologia recente ci ha abituati. Mi riferisco al fatto di avere le risposte a molti dubbi e curiosità, che possono venire dall’immensa quantità di risorse presenti in rete, e alla facilità che essa ci permette in alcuni casi, di interloquire con esperti di qualunque settore. Ma non per tutto c’è una risposta, e a volte non ci resta che convivere con il dubbio. Non é facile, e a volta pur di avere delle sicurezze, ci affidiamo alle teorie più strampalate, magari confortati da una comunità che ci crede, e appartenere ad essa ci da ulteiore sicurezza. Se riusciamo ad accettare il dubbio, e sfuggire a questi meccanismi, possiamo comunque continuare a cercare le risposte. E’ la ricerca infatti, che ci arricchisce, a prescindere se troviamo quello che cerchiamo. Mi riferisco insomma, al concetto di serendipità.

Non mi resta che augurarvi un buon ascolto!

“Credi a quelli che cercano la verità. Dubita di chi la trova”

André Gide

“Chi conosce tutte le risposte, non si è fatto tutte le domande”

Confucio

Reato di pubblicazione nuovo album….


25 Nov

LEGIONE CARABINIERI LATSIO
STAZIONE DI VIA DI TORPILOQUIO

OGGETTO: Verbale di arresto—-/

L’anno 2020 nel mese di Novembre, giorno 24 alle ore 00:00, negli uffici della Stazione Carabinieri di VIa di Torpiloquio, noi sottoscritti Ufficiali ed Agenti di P.G. Pinco Panco e Panco Pinco, effettivi al suddetto comando, raccogliamo la confessione dell’individuo identificatosi come Andrea Raso.

Il soggetto, reo confesso della pubblicazione di materiale musicale, ha deciso di collaborare e di fornire altresì le generalità dei suoi complici, identificati in:

  • Marco Silvestri – reo di aver mixato le composizioni facenti parte dell’opera,e di aver eseguito le parti di basso nella canzonetta denominata “Semi Serenata”.
  • Piero Martorio – reo di aver preso parte alla composizione del suddetto brano.
  • A Giovanni Torrisi invece, si ascrive il reato di composizione dello scritto e dell’armonia del brano denominato “Il Falegname”.
    Gli accertamenti svolti hanno fatto luce sulle dinamiche criminali del sodalizio.

 

Costruire un Jukebox con Raspberry PI


12 May

A grande e lusinghiera richiesta, pubblico questo tutorial, non appena sono venuto dalla conferenza annuale di CaSPA, che vi permettera’ di costruire questo Jukebox (o una sua variante a vostro piacere 😉 ) :

Demo:

Per affrontare questo progetto e’ richiesto un minimo di manualita’, confidenza con cavi audio e con l’informatica in generale.

Shop Lists

Shoplist Hardware

– Raspberry Pi
– Monitor
– Relativi cavi (hdmi, audio ecc)
– Pulsanti+controller USB e luci a led
– Casse
Opzionali:
– Car hifi
– Alimentatore 12 volts (anche quello di un vecchi o PC puo’ andare bene)
– Switch RCA
– Input audio RCA

Shoplist Software

Raspbian GNU Linux (io ho usato la version 9.6)
Fruitbox (io ho usato la versione v1.12.1)
– Scripts custom e configurazioni (da scaricare piu’ avanti su questa guida)

Parte 1 – Hardware

In questa sezione verra’ saltata la parte che e’ in comune con la costruzione del cabinato in quanto e’ analoga a quella per un arcade, e di guide la rete e’ gia piena (chedete a zio Google 🙂 ). Diremo solamente che questa include:

  • Il monitor
  • i controlli
  • il Raspberry (mini PC)
  • Cavi vari
  • Luci e tamarrate varie 🙂

Allego solo alcune foto della fase di realizzazione come eventuale spunto di lavorazione:

 

Opzionalmente, si puo’ aggiungere l’autoradio per ascoltare anche i CD. Secondo qualcuno, questo snatura un po’ il progetto, ma a mio parere lo trasforma in un mobile hi-fi piuttosto che in un lettore MP3 gigante 🙂

Per connettere un alimentatore ad un autoradio,  c’e’ un ulteriore lista di tutorial.

Per alternare l’uso del CD, del jukebox e di qualunque altra fonte audio, si puo’ usare uno switch rca, reperibile nei principali store on line.

Parte 2 – Software

Questa sezione e’ a mio avviso quella piu’ interessante in quanto contiene le personalizzazioni che ho fatto per fare funzionare la parte jukebox, che e’ il core del progetto.

Il consiglio che do, e che io stesso ho messo in pratica, e’ di acquistare l’hardware minimo per poter prototipare. Cosi’ facendo, se ci rendiamo conto che il progetto e’ troppo ambizioso, in caso di abbandono conterremmo le spese.

Procediamo per steps:

Scaricare e installare Raspbian sul Raspberry

Guida Ufficiale in inglese, ma in rete si trovano anche varianti in Italiano

 

Scaricare e installare Fruitbox per Retropie

Download e guida in inglese (qui andiamo piu’ sul tecnico, non so se ci siano guide in Italiano, ma imparare l’inglese non fa male 🙂 )

 

Prime configurazioni e test

NOTA: Tutti i comandi presuppongono una installazione Raspbian e fruitbox di default. Personalizzazioni di queste potrebbero non garantire il corretto funzionamento, che non e’ garantito a prescindere 🙂

A questo punto fruitbox dovrebbe essere nella directory /home/pi/rpi-fruitbox-master.

Copiamo i nostri MP3 nella cartella /home/pi/rpi-fruitbox-master/Music/ (creiamola se non esiste) usando il nostro client SFTP preferito (ad esempio Filezilla). Consiglio inizialmente non piu’ di una cinquantina di file per prova.

Lanciamo una prima esecuzione del programma come descritto nella guida:

cd  /home/pi/rpi-fruitbox-master

./fruitbox –cfg skins/[IL_MIO_TEMA]/fruitbox.cfg

Dove [IL_MIO_TEMA] e’ una delle seguenti skin di default:

  • Granite
  • MikeTV
  • Modern
  • NumberOne
  • Splat
  • TouchOne
  • WallJuke
  • WallSmall
  • Wurly

Provate varie skin, usando come input temporaneo la tastiera, ma considerate che i pulsanti richiesti sono diversi per skin, e questo impattera’ la scelta finale dei pulsanti fisici.

Configurazione dei pulsanti

Una qualsiasi delle guide per costruire un cabinet aracade, precedentemente citata, dovrebbe spiegarvi come collegare un controller USB i relativi pulsanti.

Per vedere con quale codice i pulsanti vengono riconosciuti dal sistema, eseguire i seguenti comandi.

cd  /home/pi/rpi-fruitbox-master

sudo ./fruitbox –test-buttons –cfg ./skins/[IL_MIO_TEMA]/fruitbox.cfg

Cliccare sui ogni pulsante e prendere nota di volta in volta del codice generato a video.

Modificare sul vostro PC il file di configurazione fruitbox.btn (scarica il file qui) sostituendo per ogni tasto che vogliamo mappare il corrispondente codice che abbiamo annotato nel passo precedente.

Copiare il file di configurazione fruitbox.btn via SFTP su questo path:

/home/pi/rpi-fruitbox-master/rpi-fruitbox-master/

Rilanciare l’applicazione fruitbox come mostrato precedentemente:

cd  /home/pi/rpi-fruitbox-master

./fruitbox –cfg skins/[IL_MIO_TEMA]/fruitbox.cfg

Verificare che i tasti funzionino.

Impostarte l’avvio automatico di fruitbox al boot e spegnimento all’uscita

Come prima cosa dobbiamo impostare il login automatico on l’utente pi.

Comandi

sudo raspi-config

Al menu ncurses (quello grigio a sfondo blu per intenderci) selezionare:

3 Boot Options Configure options for start-up 

Poi:

B1 Desktop / CLI Choose whether to boot into a desktop environment or the command line 

E infine:

B2 Console Autologin Text console, automatically logged in as ‘pi’ user

Uscire selezionando

<Finish>

E alla domanda:

 Would you like to reboot now? 

Rispondere

<Yes>

A questo punto verifichiamo che al riavvio di Raspbian, non venga richiesta la password per accere come utente  pi.

A questo punto dobbiamo automatizzare la partenza e lo spegnimento.

Come prima cosa scarichiamo il file jukebox.conf. Modifichiamolo questo file decommentando (cioe’ eliminando il il carattere cancelletto) dalla nostra skin preferita.

Scarichiamo lo script runjb.sh.

Copiamo i file runjb.sh e jukebox.conf via SFTP sulla directory /home/pi del nostro Raspberry.

Infine, sul terminale di Raspbian (las schermata di avvio testuale per intenerci) eseguiamo:

chmod 770 /home/pi/runjb.sh
chmod 770 /home/pi/jukebox.conf
echo “/home/pi/runjb.sh” >> /home/pi/.bashrc

A questo punto dobbiamo solo riavviare il sistema e verificare il corretto funzionamento.

Parte 3 – Finale

Se tutti i precedenti passi sono stati correttamente eseguiti, divertitevi a montare e decorare il vostro jukebox.

In caso avreste bisogno di assistenza, o volete condividere i vostri progetti (cosa che vi incoraggio a fare), vi consiglio di chiedere asistenza alla community arcade italia di cui io faccio parte:

Arcade Italia Forum Ufficiale

Arcade Italia Gruppo Facefook

O anche su:

Fruitbox su Raspberry Forum

Parte 4 – Extra

Alcuni Tips and Tricks aggiuntivi:

Aggiornare la lista degli MP3:

  1. Aggiungere i files nella directory /home/pi/rpi-fruitbox-master/Music/
  2. Cancellare il file /home/pi/fruitbox.db
  3. Riavviare fruitbox

Configurazioni avanzate:

Il file rpi-fruitbox-master/skins/[IL_VOSTRO_TEMA]/fruitbox.cfg contiene interessanti configurazioni tra le quali:

  • La possibilita’ di eseguire brani random dopo un certo periodo di inattivita’
  • La possibilita’ di gestire la gettoniera 🙂
  • Tanto altro…

Documentazione ufficiale

Framebuffer

Se non vi piacciono “le scritte all’avvio” che sono lo standard output dello start di Raspbian, si puo’ customizzare con l’ immagine che preferite (guida). Ma la proceura non e’ per neofiti. Personalmente li ho lasciati perche’ se qualcosa va storto voglio capire cos’e’.

WallBradz skin

Per il mio progetto ho modificato la skin basandomi su l’ originale WallJuke. Se proprio ci tenete ad avere la mia faccia sul vinile che gira potete scaricarla qui 😀

NOTA: Questo articolo, come tutti i contenuti di questo blog sono sotto licenza creative commons. Puo’ essere liberamente distribuito senza scopo di lucro e citando la fonte.

 

Una pedaliera con ampli embedded


20 Aug

Questa é la mia nuova pedalboard home made.
Lo guardo, ascolto canzonieri e mi diverto.
Gli effetti sono da incrementare, anche se c’è già quasi tutto 
Ha una testata Orange inglobata così i cavi send-return fanno poca strada, jack in + jack out e suoni collegato a un cabinet > di 8 ohm o a un mixer (cabinet simulator dell’amplificatore  )
Alimentazione unica per pedali e ampli.
Ha due coppie di jack inupt output replicate all’interno che volendo possono bypassare l’amplificatore o andare in send return su un ampli esterno.

#pornsound #pedalboard #guitar #guitareffects #homemade #handcraft #troppitag

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Anni 30 – Non un decennio, ma una generazione


16 Oct

Anni 30 nel sound, 30 anni nella semantica.

Questo brano riprende musicalmente il Delta Blues dei ’30.  In quegli anni, da rurale il blues  stava per diventare urbano e i vocalizzi melodici si fanno da parte per dare spazio alle parole ritmate, che con gli anni, andranno a finire nel RAP, altro genere di denuncia sociale ed emarginazione.

Proprio questa radice musicale, mi è sembrato particolarmente adatto l’accostamento della musica al testo.  Nel brano, in ogni strofa un trentenne si descrive, in un modo che sta a metà tra una scheda segnaletica e una biografia.

Non aggiungo altro. Buon ascolto.

(per ascoltare clicca qui)

Una semi-serenata


01 Jul

Dicevano i latini:

Excusatio non petita, accusatio manifesta

Uso questa locuzione per anticiparvi che so che il brano che sto per raccontarvi è “poco impegnato” per usare un eufemismo.

Tuttavia ho voluto pubblicarlo, in quanto mi è sembrato un brano simpatico, non tanto per la storia che racconta, ma per quella che non racconta. A volte le canzoni raccontano più di una storia, una è più o meno esplicita nelle parole del brano, altre sono di contorno e spesso non sono meno importanti. Ad esempio il contesto storico di un brano, il fatto che sia dedicato a qualcuno in un particolare momento, la fonte di ispirazione ecc.
La storia celata di questo brano, riguarda la sua nascita.

Semi serenata

Era una domenica mattina (credo) di un paio di anni fa. Piero, un mio Amico, mi venne a trovare a casa raccontandomi di aver conosciuto una ragazza di cui si era invaghito. Tra i particolari del suo racconto, mi narrò del regalo che le aveva fatto: una pianta. Era rimasto perplesso dalla discussione col fioraio. Nel momento di pagare, chiese al fioraio se fosse una pianta grassa, in quanto la destinataria del regalo aveva scarso pollice verde o poca voglia di innaffiarla. Il fioraio, lo liquidò con un:

“ehm… si… è una pianta semi-grassa”

Ragionammo sul prefisso “semi”, che si può affibbiare a qualunque cosa per dire tutto e il contrario di tutto. E’ un po’ come se gli avesse detto che era una pianta “diversamente grassa”.

A questo punto, mi convinse (o costrinse 🙂 ) a scrivere insieme una canzone “spiritosa” per potere conquistare la ragazza.
Devo ammettere che l’approccio è stato frettoloso/bislacco, tuttavia ho trovato il risultato simpatico, per entrambe le storie che racconta, e poi, per autocitarmi:

Bisogna prendersi poco sul serio per non sembrare ridicoli

Così decisi di inciderla, e insieme al mio amico Marco, che oltre a occuparsi dell’aspetto tecnico audio, ha suonato basso e percussioni. La sessione di incisione è stata lunga a causa dei suoi e miei molteplici impegni, ma questo è il risultato.

Buon ascolto.

PS: Quando abbiamo finito di eseguirla, si è definita: semi commossa 🙂

 

Parliamo di effetti per chitarra


01 Jun

Prendendo spunto da un amico che mi ha chiesto delle foto di una pedaliera che ho realizzato, illustro il mio set di effetti.

In passato preferivo (anche per questioni di costi e versatilità) effetti digitali, infatti ho avuto uno zoom 505, che ha avuto la sua gloriosa carriera. Poi grazie a Giuseppe Orlando, dal quale ho imparato tanto su suoni e liuteria, ho riscoperto l’analogico.

Comprando e rivendendo su ebay vari effetti, nel corso degli anni ho trovato il mio sound.

Pedaliera Esterno

Iniziamo con una rapida sintesi della catena di effetti e del perché ho scelto questa successione.

Come primo effetto che modifica il suono proveniente dalla chitarra, conviene mettere gli effetti di dinamica, perciò ho messo il WHA. A seguire ho inserito due Distorsori che arricchiscono di armoniche il suono. Subito dopo i modulatori (Chorus e Flanger) per modulare il suono ottenuto sinora. Infine un Delay per aggiungere eco e spazialità ai suoni.  Come reverbero uso quello degli amplificatori: un Carvin XV 212 100 Watt (reverbero a molla) a Valvole e un Fender Princeton 65 Watt a transistor.

Ma veniamo ai dettagli.

Nella foto seguente, in alto a sinistra vedete l’alimentatore a 2 Ampere opera di Giuseppe Orlando citato prima. Il fusibile è smontabile facilmente e i due ampere bastano alimentare per gli effetti di 5 chitarristi  esigenti in contemporanea 🙂

Come detto prima, iniziamo (da destra a sinistra) con il WHA. Si tratta di un Behringer HB01. Che dire? Si tratta di un Behringer, in sintesi ottima elettronica ma materiali di scarsa qualità. La ragione di questa scelta è che il Wha è bello ma si usa raramente e non vale la pena di spendere 200€.

Pedaliera Interno

Segue il mitico Boss Metal Zone MT-2, questo pedalino che ha fatto la storia dei gruppi metal da garage è in grado di offrire una distorsione vivace ma satura in stile Iron Maiden o estremamente cattiva in stile Pantera passando per i Metallica. Anche questo effetto non lo uso granché, solo quando ho qualche cenno di nostalgia per l’età adolescenziale o la prima giovinezza, quando suonavo quel genere.

Il secondo effetto di distorsione è l’Overdrive-Distortion OS-2, sempre della Boss. Versatilissimo, oltre ai controlli di volume, tono, saturazione (gain), ha una quarta manopola che è la sua caratteristica principale. Quando la quarta manopola è al minimo il suono è overdrive, all’opposto estremo invece fa da distorsore, permettendo di miscelare i due suoni. E’ un effetto da rock blues che permette di avere sonorità interessanti.

Il primo dei due modulatori è un Boss Super Chorus CH-1. Un chorus di buona qualità niente da dire, il prodotto è già piuttosto noto e fa il suo dovere.

Il flanger è un Ibanez Fl 15, soddisfacente nel suono ma un po’ difettoso nello switching. Ma del resto, anche questo non è che lo usi frequentemente, a volte ci vuole ma se si esagera si fanno delle pacchianate sonore.

Dulcis in fundo, il delay: un Boss Digital Delay DD-3. Forse un po’ datato, ma non so cosa si possa volere di più. Crea degli echi che vanno da una profondità feedback quasi impercettibile (da raddoppio) fino a delay lunghissimi per fare soli alla Brian May. Inoltre per brevi leaks fa anche da campionatore.

In conclusione, è la prima volta che tratto un argomento così specifico in questo blog, che sta prendendo una forma sempre più eclettica. Ma devo dire che non mi dispiace, alla fine mi diverto e questo è l’importante. A chi legge faccio una di quelle promesse che prima o poi manterrò… Farò un video con il demo degli effetti.. un giorno… prima della pensione.. giuro!

 

Canzoni che avrei voluto scrivere: ‘A finestra’


27 Feb

Devo dire che Carmen Consoli non è una tra le mie cantanti preferite, ne riconosco il valore e alcune cose mi piacciono.

Tuttavia ho subito un (piacevole ma) forzato ascolto negli anni in cui ho vissuto a Catania, per sciovinismo dei miei amici e musicisti 🙂

Ma venendo alla canzone, la trovo davvero un capolavoro. Quando si scrive un brano, credo che la difficoltà sia nella sintesi, nella musicalità e nel riuscire ad evocare quello che vorremmo rappresentare. Alcune di queste cose ovviamente sono soggettive, ma vivendo quei luoghi e respirando quel folklore, all’ascolto sono stato pervaso dai ricordi e dall’atmosfera, quindi credo di aver colto molto di quello che la Cantantessa ha voluto rappresentare.

La musica è puro folk con la contaminazione mediorientale del vocalizzo arabbegiante. Ma quello che rende speciale la canzone è il testo che andremo a leggere, tradurre e commentare:

Sugnu sempri alla finestra e viru genti ca furria pà strada
Genti bedda, laria, allegra, mutriusa e siddiata
Genti arripudduta cu li gigghia isati e a vucca stritta
“Turi ho vogghia di quaccosa, un passabocca, un lemonsoda”
Iddu ci arrispunni: “Giusy, quannu ti chiamavi Giuseppina,
eri licca pà broscia cà granita”
“Turi tu n’ha fattu strada e ora che sei grosso imprenditori
t’ha ‘nsignari a classi ‘ntò parrari”

Sono sempre alla finestra e vedo gente che gira per la strada,
gente bella, brutta, allegra, arrabbiata, seccata
gente “(ben)riuscita” con le ciglia alzate e la bocca stretta:
« Turi ho voglia di qualcosa, un passabocca, una Lemonsoda »
Lui le risponde: ” ‘Giusy’, quando ti chiamavi Giuseppina,
ti piaceva la brioche con la granita!”
“Turi, tu ne hai fatta di strada, e ora che sei un grosso imprenditore
devi imparare a parlare con classe”

In questa prima strofa i passi notevoli sono la descrizione della gente, sopratutto a cigghia isata e a vucca stritta, rende l’idea degli anziani bisbetici che logori di una vita di sacrifici, disapprovano i tempi attuali e “i giovani”.

L’altra figura è la coppia costituita dall’imprenditore arricchito e la sua compagna (presumibilmente moglie). Lui, lavoratore,  è rimasto piuttosto semplice, a lei il benessere ha dato alla testa e ‘ordina’ lui di insegnarsi (imperativo di qualcosa che non si impara, ma ci si auto-impone) a parlare con ‘classe’ come lei, e abbandonare le abitudini tradizionali (brioscia e granita) in favore di altre più ‘esotiche’ e meno provinciali (sorbetto e lemonsoda). Anche i nomi dei personaggi non sono casuali, come lei stessa dice in una presentazione del brano, ‘Giusy con la y’ sta con ‘Turi senza y’. Giusy cioè, rinuncia al suo nome tradzionale Giuseppina in favore di un diminuitivo (anche piuttosto diffuso) che inserisca la ‘y’. Un po’ come Cesy Phantoni, il personaggio della canzone Cesira Fantoni di Guccini.

Sugnu sempre alla finestra e viru genti spacinnata,
sduvacata ‘nte panchini di la piazza, stuta e adduma a sigaretta,
gente ca s’ancontra e dici “ciao” cu na taliata,
genti ca s’allasca, genti ca s’abbrazza e poi si vasa,
genti ca sa fa stringennu a cinghia, si strapazza e non si pinna,
annunca st’autru ‘nvernu non si canta missa,
genti ca sa fa ‘lliccannu a sadda,
ma ci fa truvari a tavula cunsata a cu cumanna

Sono sempre alla finestra e vedo gente sfaccendata,
stravaccata nelle panchine della piazza, spegne e accende la sigaretta,
gente che s’incontra e dice “ciao” con uno sguardo
gente che si evita e quella che si abbraccia e si bacia
Gente che tira avanti stringendo la cinta, si strapazza e non si arrende
altrimenti il prossimo inverno non si canta messa
gente che tira avanti leccandosi la sarda
ma che fa trovare la tavola apparecchiata a chi comanda.

Qui il termine sfaccinata più che gente pigra, indica gente che non ha un granchè da fare. Anche la gente sduvacata che fuma costantemente indica la gente (pigra o disoccupata) perdigiorno. Si salutano solo con sguardo, come se quando ci si vede troppo spesso il saluto diventa superfluo, indicando una città non troppo grande dove nei soliti posti ci trovi la solita gente. Altri che si vedono più di rado o con più piacere si salutano più calorosamente, segno di un legame molto forte, tipico del meridione.

Seguono due modi di dire interessanti. Il primo non si canta missa deriva da u parrino senzza sordi unni canta missa. Cioè che senza soldi neanche il prete celebra la messa. La seconda è ‘llicari a sarda, che significa che, pur essendo la sardina un piatto povero, in casi di estrema povertà o di carestia, piuttosto che mangiarla si preferisce leccarla e conservarla ripetutamente, per farla durare di più.

Qui la prima denuncia sociale, quella del divario tra ricchi e poveri che in questi ultimi anni si sta accentuando (e non solo in sicilia).

Chi ci aviti di taliari, ‘un aviti autru a cui pinsari
almeno un pocu di chiffari
“Itavinni a travagghiari” vannia ‘n vecchiu indispettitu,
“avemu u picciu arreri o vitru”.
Jù ci dicu “m’ha scusari, chista è la me casa e staju unni mi pare.

“Che ha da guardare? non ha altro a cui pensare?
almeno un po’ di da fare?
Vada a lavorare – grida un vecchio indispettito –
c’è il malocchio dietro i vetri!”
Io dico: “Mi deve scusare, ma a casa mia sto dove mi pare”

Qui, nel ritornello, uno dei vecchi bisbetici di cui sopra urla alla cantante come ad accusarla di pigrizia e di essere pettegola.

La domenica mattina dagli altoparlanti della chiesa
a vuci ‘i Patri Coppola n’antrona i casi, trasi dintra l’ossa
“piccaturi rinunciati a ddi piccati di la carni
quannu u riavulu s’affaccia rafforzatevi a mutanna”.
Quannu attagghiu di la chiesa si posteggia un machinone
scinni Saro Branchia detto Re Leone
Patri Coppola balbetta e ammogghia l’omelia cu tri paroli
picchì sua Maestà s’ha fari a comunioni

La domenica mattina dagli altoparlanti della chiesa
la voce di padre Coppola ci fa tremare le case, ci entra nelle ossa:
“Peccatori rinunciate a quei peccati della carne
quando il diavolo si mostra rinforzatevi le mutande”
d’un tratto si parcheggia vicino la chiesa un macchinone
scende Saro Branchia detto Re Leone,
padre Coppola balbetta, chiude con tre parole l’omelia
perché sua Maestà si deve fare la comunione!

La seconda critica sociale si rivolge alla chiesa, molto attenta ad entrare nel personale di ognuno imponendone la condotta sessuale, ma scarsamente attenta nei confronti del disagio sociale, forse perché accondiscendente con il potere costituito.

Ancora peggio, quando la macchina del boss locale pargheggia attagghiu (in maniera tangente) alla chiesa, il parroco, che poco prima imponeva la sua autorità entrando nelle case e nell’intimo nei cittadini, con estrema sudditanza ammogghia ( sistema la cosa in maniera precaria o arrangiata ) l’omelia per permettere al boss di fare la comunione. Sottointesa qui, non solo la convivenza di certa chiesa con la mafia, ma anche l’attaccamento contraddittorio della mafia stessa verso la religione. L’argomento è complesso e andrebbe approfondito, e vi sono esempi estremamente opposti.

Chi ci aviti di taliari, ‘un aviti autru a cui pinsari
almeno un pocu di chiffari
“Itavinni un pocu a mari”, vannia un vecchiu tintu
“accussì janca mi pariti ‘n spiddu”
Jù ci dicu “m’ha scusari,
ma picchì hati a stari ccà sutta a me casa pà ‘nsuttari”.

” Che ha da guardare? non ha altro a cui pensare?
almeno un po’ di da fare?
Se ne vada un po’ al mare – grida un vecchio malconcio e tosto –
così bianca sembra un fantasma “
Io gli dico ” Mi deve scusare,
ma perché deve stare sotto casa mia a insultare? “

Nel secondo ritornello, il significato è chiaro, tuttavia vale la pena di approfondire l’uso di alcuni vocaboli. Spiddu per esempio non appartiene a tutte le varianti del siciliano e il verbo ‘nsuttari non è necessariamente insultare ma un infastidire generico.

Sugnu sempri alla finestra e viru a ranni civiltà
ca ha statu, unni Turchi, Ebrei e Cristiani si stringeunu la manu,
tannu si pinsava ca “La diversità è ricchezza”
tempi di biddizza e di puisia, d’amuri e di saggezza
Zoccu ha statu aieri, oggi forsi ca putissi riturnari
si truvamu semi boni di chiantari
‘Nta sta terra ‘i focu e mari oggi sentu ca mi parra u cori
e dici ca li cosi stannu pì canciari

Sono sempre alla finestra e vedo la grande civiltà che c’è stata,
dove turchi, ebrei e cristiani si stringevano la mano,
allora si pensava che ‘la diversità è ricchezza’
tempi di bellezza e di poesia, d’amore e di saggezza
Quel che è stato ieri oggi forse potrebbe tornare
se troviamo i semi buoni da piantare
in questa terra di fuoco e di mare oggi sento che mi parla il cuore
e dice che le cose stanno per cambiare..

Nel finale uno sguardo d’insieme alla civiltà che è stata e alle enormi contaminazioni culturali. Un seme di speranza e di positività quasi a dire che, a differenza di come crede qualcuno, la Sicila non è come il suo idioma, dove il passato è remoto e il futuro non esiste.

Chi ci aviti di taliari ‘un aviti autru a cui pinsari,
almeno un poco di chiffari
Itavinni a ballari, ittati quattru sauti e nisciti giustu pì sbariari
Jù ci dicu “Cù piaciri, c’è qualchi danza streusa ca vuliti cunsigghiari!?

“Che ha da guardare? non ha altro a cui pensare?
almeno un po’ di da fare?
Vada a ballare, va’ a fare quattro salti ed esca giusto per svagarsi! “
Gli rispondo con piacere: ” C’è qualche danza bizzarra che mi vuole consigliare?!?”

About Q di Picche


08 Feb

Il singolo che vi presento qui è Q di picche. Lo trovo un esperimento per certi versi audace. Infatti, a livello di arrangiamento è piuttosto rock, ma il testo è molto cantautorale. L’audacia sta nel fatto che solitamente i brani Stregarock sono brevi e immediati, quando sono troppo lunghi stancano… Il genere dei cantautori invece, ha solitamente un testo più accurato e più lungo.

Il brano narra la storia di due donne vissute in epoche differenti. La prima visse nel medioevo e fu emarginata in quanto accusata di stregoneria. La seconda vive nel nostro presente ed è una prostituta (o presunta tale).

A spezzare le due storie una voce narrante (di Giulia Schietroma) descrive brevemente i due contesti.

Il testo mette in evidenza le similutidini tra le due donne. Il suo scopo, è spingere alla riflessione sul fatto che spesso condanniamo il passato senza renderci conto di ripetere l’errore nel peresente. Il tema dell’emarginazione da chi ha atteggiamenti non conformi alla propria comunità, è abbastanza chiaro.

La donna di picche rappresenta perciò una metafora. Infatti le due donne capovolte sembrano diverse a prima vista, ma poi ci si accorge che sono uguali, e che a farle sembrare diverse e solo il fatto che sono asimmetriche. Anche il seme della carta non è scelto a caso, ma ho scelto quello meno nobile.

Come in altri brani, anche in questo, mela canto e me la suono, nel senso che sono miei gli arrangiamenti e sono io a suonare gli strumenti.

Buon Ascolto.

Umili Liriche

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